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I prossimi cento anni di E.Marinella

“ Ma abbiamo richieste per 900”. E come fate? “Facciamo aspettare”.Forse è questa la risposta che più di ogni altra esprime la visione di Maurizio Marinella, imprenditore e Cavaliere della Repubblica, terza generazione di E.Marinella, un brand noto in tutto il mondo per le cravatte sartoriali.

 
Maurizio è nipote del nonno Eugenio, che nel 1914 aprì lo storico negozio di Riviera di Chiaia, a Napoli, di fronte alla Villa Reale. “E sa, se siamo in negozio dalle 6 e mezzo del mattino, c’è un motivo che va oltre la coda di clienti che già si accalca davanti alla porta alle sette. In origine quella era l’ora in cui i nobili venivano a fare la passeggiata a cavallo nel parco della villa. Così, anche un po’ per la scaramanzia di mantenere un rito che ha portato fortuna al negozio, quella è rimasta l’ora di apertura”.

Figlio unico, laureato in Economia e Commercio, quasi predestinato a proseguire l’attività di famiglia, all’inizio non ne fu contentissimo.
“La vivevo un po’ come un’imposizione – racconta -. Poi è venuto tutto più naturale. Sarà che fin da bambino ho respirato l’aria della bottega. Sono stato cresciuto come un animale da bancone e oggi so intuire dal primo sguardo che tipo di cliente mi trovo di fronte, quali sono le sue reali esigenze, come posso davvero soddisfarle. E questo è l’aspetto della mia attività che mi piace di più”. – E poi c’è Napoli. “Io amo questa città, la amo perché è una città difficile ma è l’unica che mi emoziona. Ho raccolto la sfida di mio padre, fare qualcosa di importante per Napoli, rimanendo a Napoli”. – Nel 2010 lei aveva provato a lanciare il brand Made in Naples. “Prima di tutto devo dirle che io sono orgoglioso di essere italiano, la mia città è la punta dell’iceberg. Made in Naples avrebbe voluto dire fatto a mano, alla vecchia maniera, con il giusto tempo, con criterio, con il pizzico di irrazionalità che ci contraddistingue. Ma mi sono scontrato con alcune difficoltà, prima tra tutte il fatto che molti brand preferiscono brillare di luce propria. E poi un tema concettuale affine a quello che riguarda il Made in Italy: un paio di jeans confezionato a Napoli ma con tessuti prodotti in Giappone, per esempio, dove rientra? E così il progetto non ha avuto seguito e mi dispiace perché senza fare sistema raccontare il territorio in tutte le sue potenzialità è più difficile. Resto comunque fiducioso”.

“Stiamo valutando l’e-commerce: oggi bisogna essere nel mondo”

Oggi Marinella conta diversi negozi, in Italia (Napoli e Milano) e nel mondo (Londra, Lugano, Tokyo, Hong Kong) a cui si aggiunge un’apertura imminente a Roma, tutti locali di proprietà. Non avete mai pensato di crescere con il franchising?
“Il franchising non è nella nostra mentalità, non possiamo fare grandi numeri, noi siamo e vogliamo rimanere artigiani”.

E con l’ecommerce?
“Le confesso che ci stiamo ragionando, un tempo avrei detto assolutamente no, ma oggi bisogna essere nel mondo, e il mondo non è più Londra e Parigi, è il Brasile, il Kazakistan, il Sudafrica”.

Come sceglie le persone che lavorano in sartoria?
“Devono dimostrare una buona manualità e soprattutto saper sorridere. Purtroppo sono sempre meno i giovani interessati al lavoro artigianale”.

Che cosa non si può copiare di una cravatta Marinella?
“Il tipo di stampa a mano, la personalizzazione, il contenuto. Il quantitativo di tessuti, fodere, interni che danno vita a una cravatta unica”.

La sfida che ha davanti?
“Marinella ha compiuto cento anni nel 2014, l’obiettivo è arrivare a duecento anni mettendo in pista una quarta generazione e strutturando al meglio l’azienda per adattarsi ai tempi che verranno”.

Se non fosse stato Maurizio Marinella, nipote di Eugenio e figlio di Luigi, che cosa avrebbe fatto?
“Mi sarei lanciato nel mondo della finanza e avrei pensato di andare a vivere a Londra”.

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