Il centro commerciale non apre, l’inaugurazione slitta a data da destinarsi e gli
imprenditori come si tutelano? È avvenuto a Foggia, nel quartiere Borgo Incoronata, dove
il 30 novembre scorso era fissata la data di apertura del più grande centro commerciale
del sud Italia, il GrandApulia. La Forestale ha invece sequestrato l’intera area, in esecuzione del provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca, emesso dal gip del Tribunale di Foggia su richiesta della locale Procura. Il reato ipotizzato è di lottizzazione abusiva di suoli non bonificati. La storia ha un lieto fine, perché l’apertura alla fine è slittata di un mese: è stata concessa la facoltà d’uso del centro commerciale, in cambio del pagamento di una cauzione annua di 400mila euro, da utilizzare per la bonifica del suolo da eventuali rifiuti pericolosi. Oggi il centro è regolarmente funzionante. La maggior parte delle attività che avrebbero dovuto aprire nel centro commerciale sono in franchising, appartenenti a rinomati marchi del settore dell’abbigliamento, della
cosmetica, della profumeria, della gioielleria e della ristorazione. Che cosa sarebbe successo se il centro fosse rimasto chiuso?
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La mancata apertura per sequestro basato su eventuali violazioni normative e
abusi edilizi non è inquadrabile in un’ipotesi di caso fortuito o forza maggiore e ciò
in quanto il provvedimento dell’autorità giudiziaria non discende da circostanze
imprevedibili e inevitabili, come per esempio emergenze o calamità naturali, ma
piuttosto da comportamenti colposi (eventualmente) riconducibili alla direzione
del centro commerciale. Il danno maggiore derivante dalla mancata apertura lo subiscono principalmente gli imprenditori che sono vincolati contrattualmente a corrispondere al centro commerciale il canone di affitto di ramo d’azienda, che comprende sia il costo della locazione del negozio sia le quote di affiliazione commerciale, in virtù del contratto di franchising sottoscritto tra il centro commerciale e il franchisor. In una situazione del genere, considerata l’avvenuta sospensione delle attività di fruizione dei locali, gli imprenditori non sono tenuti a corrispondere il canone di affitto di ramo di azienda alla direzione del centro commerciale, ma si pone il problema anche del rapporto tra franchisor e centro commerciale, relativo al danno economico e d’immagine che il marchio subisce in casi del genere.
Come difendersi da un’ipotesi di questo tipo? La regola è che, nell’interesse del marchio, il contratto di franchising, tra le ipotesi di sospensione del versamento della quota di affiliazione commerciale, preveda esclusivamente le ipotesi di caso fortuito o forza maggiore e non preveda anche l’ipotesi di mancata possibilità di usufruire del locale commerciale per altre cause imputabili a provvedimenti dell’autorità giudiziaria, che esulino però dal caso fortuito o dalla forza maggiore. Anzi, in ipotesi del genere sarebbe opportuno prevedere un’indennità in favore del franchisor per i danni subiti e anche la previsione di una risoluzione contrattuale laddove l’impossibilità perduri oltre un certo periodo di tempo. Lo stesso vale per il contratto di affitto di ramo d’azienda che l’imprenditore sottoscrive con il centro commerciale, per prendere in locazione il negozio e contemporaneamente affiliarsi al marchio in franchising. Anche questo contratto dovrebbe contenere la previsione di mancato versamento del canone di affitto di ramo di azienda in caso di sospensione delle attività per causa imputabile a colpa del centro commerciale non riconducibile a forza maggiore, nonché la previsione di risoluzione contrattuale e di una eventuale indennità e/o penale. In ogni caso, è fondamentale che i soggetti interessati, prima di sottoscrivere i diversi contratti, si avvalgano di un consulente legale per rilevarne gli eventuali aspetti critici e non incorrere in spiacevoli sorprese.
Enrico Palazzi
Professionisti e Creativi
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