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HOWIT, gli specialisti del Food&Beverage in Italia

Luciano Pesce di Howit

HowIt è una agenzia specializzata nella creazione e nello sviluppo di format nel settore Food&Beverage. “La nostra filosofia combina business, creazione di occupazione e valorizzazione del territorio attraverso l’eccellenza italiana”, commenta Luciano Pesce, fondatore e titolare.

HOWIT, dove quell’It rimanda a Italians, è in fondo una dichiarazione d’amore all’Italia e a un settore che la rappresenta nel mondo per qualità: il Food&Beverage. O, per dirla appunto in Italiano, l’enogastronomia.  Dietro a HOWIT – come gli Italiani – società di consulenza che ha l’obbiettivo di supportare gli imprenditori del settore a crescere con il franchising,  c’è Luciano Pesce, franchisor lui stesso con quattro marchi: Over18 Beer House, Vinoteca, Messervino, Peekaboo Cafè e in fase di lancio Dopoke.

Perché hai scelto proprio il settore della ristorazione?

Userei un’immagine quasi pittorica: è sfumato, è colorato, è multidisciplinare. Insomma, non annoia mai e io ho bisogno di continui stimoli.

Come hai iniziato la tua attività?

Ho iniziato ad aprire punti vendita per conto di un’altra azienda, nel 2005. Poi mi sono appassionato e ho deciso di mettermi in proprio. Ho conseguito un master in Food&Beverage e ho cercato di ‘contagiare’ amici e famiglia con la mia passione.

Qual è la tua missione con il franchising?

La mia motivazione più forte è utilizzare l’affiliazione commerciale come strumento di crescita dei franchisor e di autoimpiego per i franchisee. Per questo sposo progetti che si rivolgono a potenziali affiliati con una forte attitudine imprenditoriale ma con un livello di investimento iniziale sostenibile. Ultimo ma non ultimo, per me il franchising è una leva di valorizzazione del territorio. Nella costruzione dei format, cerco fornitori a km zero e non presenti nella grande distribuzione organizzata, lasciando libertà di scelta ai franchisee, naturalmente nel rispetto massimo degli standard di qualità e di eccellenza che vogliamo proporre. In questo modo non siamo vincolati a un unico fornitore e possiamo diversificare il rischio, per esempio un  unico produttore di birra che dovrebbe approvvigionare tutta la rete, ma ne scegliamo diversi, vicini ai locali. 

Prossimo passaggio coerente con questa visione sarà l’inaugurazione di un marketplace con i produttori: How It Farm.

Per la tua esperienza nel settore, quali sono i punti di forza dei format che hanno maggiore possibilità di successo?

In estrema sintesi potrei dire un business plan ben strutturato da professionisti, un concept definito da una forte identità caratterizzante, un layout e mood riconoscibile, coerente e facilmente replicabile, l’identikit dell’affiliato che deve dimostrare anche proattività e desiderio di dare un proprio apporto all’attività.

E quali sono invece le criticità da affrontare che, se non risolte, possono portare a un flop?

La maggiore criticità da affrontare è da ricondurre alle risorse manageriali della casa madre: avere  uno o più locali di proprietà che funzionano bene, non implica necessariamente fare affiliazioni. Infatti l’asticella si alza nella gestione della logistica, del marketing, nel piano di allestimento e di formazione ecc. Da parte dell’affiliato spesso si tende a sottovalutare la professionalità del settore pensando che sia tutto facile, che basta sorridere al cliente e preparare un caffè ma non è così; bisogna saper controllare il food cost, gestire il personale. Non ultimo, la mancanza di capitali da investire: spesso le nuove attività partono troppo indebitate e non considerano che servono diversi mesi prima di poter andare a pareggio e ancor di più per distribuire i primi guadagni.

Insomma, non ci sono scuse per gli sprovveduti, se non sei del settore non
basta esser “bravo e lavorare sodo”, serve più attenzione alla formazione.
E dall’altro le chiusure sono una naturale selezione, per la presenza di molte attività basate sul concept del locale anni ’90 – 2000 oramai obsoleto che hanno chiuso i battenti per non essersi rinnovate negli anni.

Perché un imprenditore  del Food&Beverage che vuole lanciare una rete in franchising o un franchisor che vuole far crescere la propria rete dovrebbe scegliere How It?

Credo innanzitutto che conti la mia esperienza di franchisor, in quanto ho una dettagliata visione d’insieme di questo modello di business. Questo significa che nel tempo ho avuto modo di fare pratica, di arricchire la teoria con l’esperienza sul campo. In secondo luogo, How It cura sia la parte di progettazione di un format (business plan della casa madre e, lato affiliato, immagine coordinata, contratto, brochure e manuale operativo), sia la parte di sviluppo franchising (raccolta contatti e gestione della lead, piano di allestimento dei locali). E per allestimento intendo un vero e proprio cronoprogramma: progetto esecutivo, rendering, direzione del cantiere, fornitura di arredi e attrezzature e montaggio arredi  anche ‘taylor made’, collaudo finale, in modo da poter “consegnare”, come nella corsa a staffetta l’affiliato pronto per aprire alla casa madre.

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