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Il social network californiano dai 140 caratteri, infatti, passa a 280 caratteri, dando così maggior spazio di scrittura. L’obiettivo è fornire agli utenti il modo di esprimersi più liberamente sperando che questo favorisca una maggiore conversazione sulla piattaforma.
La rivoluzione interessa la maggior parte delle lingue ad esclusione del giapponese, cinese e coreano che, grazie agli ideogrammi, comunicano già il doppio delle informazioni rispetto ad altre lingue. Infatti, il 9% dei tweet scritti in inglese raggiunge immediatamente i 140 caratteri contro solo lo 0,4% dei tweet scritti in giapponese, grazie alla maggiore immediatezza della lingua. Molte le reazioni sulla rete, anche della Agenzia per la Sicurezza Nazionale (NSA) americana che teme la necessità di un data center più grande, ma Aliza Rosen, Product Manager di Twitter, sul blog omonimo, fornisce la sua valida motivazione in merito al cambiamento:
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“Quando twitto in inglese, mi imbatto rapidamente nel limite di 140 caratteri e, a volte, devo rimuovere una parola che possa trasmettere ai miei followers un significato o un’emozione, o non inviare affatto il mio Tweet. Ma quando un ragazzo giapponese twitta nella sua lingua, non ha lo stesso problema: finisce di condividere il suo pensiero e ha ancora spazio a disposizione”.
Rinunciare, dunque, a termini carichi di significato ha da sempre rappresentato un limite di Twitter che, nel tentativo di risolverlo, ha deciso di ampliare questo limite. Pur trattandosi di una prova sperimentale, con questa novità Twitter punta anche ad attirare più annunci pubblicitari, utili nel coinvolgere più persone nel medesimo tweet e alimentando anche l’effetto propagazione. Ad ogni modo, Twitter rimarrà sinonimo di brevità e, sebbene stia puntando su nuove metriche d’azione, spera di migliorare i propri profitti. Dal 2006, anno della sua fondazione, ha registrato perdite per circa 116 milioni di dollari, in contrasto con Facebook ed Instagram.
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