Se c’è un settore che “tira” nell’universo del franchising quello è il food. O almeno così capita di sentire da più parti. Volumi d’affari che si incrementano anno dopo anno, con performance che si aggirano intorno al 10% (fonte: Assofranchising – Strutture, Tendenze e Scenari), insegne che prolificano, tanti proseliti e un target sempre maggiore di pubblico interessato.
Vi è mai capitato di vedere eserciti di fotografi amatoriali che affollano i set dei locali di ristorazione contendendosi, a colpi di flash, lo scatto più accattivante da postare sui social network? Non solo. Un pubblico sempre maggiore guarda in televisione i programmi dedicati alla cucina, si preparano ricette ricercando le istruzioni su internet e i food blogger hanno sempre più lettori. Questo effetto moltiplicatore di business, a partire da un target di pubblico cultore del cibo, sta attraendo sempre maggiori investimenti nel franchising, sia come startupper sia come potenziali franchisee.
Questa è la parte più divertente. Gli errori? Sempre gli stessi, nonostante la ripetitività delle numerose esperienze negative e la portata del fenomeno.
1. FOOD COST
SOPRA IL 30% E I
FRANCHISOR NON
SANNO FARE LA
SPESA
Un’incidenza dei costi delle materie prime sulIMG:145544: fatturato sopra al 30% è molto rischiosa
e poco performante, non solo nel franchising. Basti pensare che, mediamente, l’incidenza
degli affitti dovrebbe attestarsi intorno al 10%, che oltre ai costi variabili bisogna considerare quelli fissi, talvolta addirittura sommersi cioè non eliminabili, e che l’attività dovrebbe condurre a regime con un utile intorno al 20% del fatturato.Tuttavia, la maggior parte dei food franchisor trascura questo aspetto e presenta uno stato di salute negativo già al primo livello di punto diretto. Non sa fare la spesa e non seleziona secondo criteri di efficienza i propri partner di fornitura. In questi casi è necessaria una destrutturazione del format per far quadrare i conti e ridare linfa al primo locale e, solo successivamente, valutare lo sviluppo franchising.
2. FOOD COST
ENTRO IL 30% E
I FRANCHISOR
SPECULANO…
TROPPO
Troppo spesso i food franchisor pensano alle affiliazioni come a una rendita perpetua sulle materie fornite. Non procedono, quindi, alla complessa ricerca della soluzione di fornitura ottimizzante. La struttura acquisti del punto diretto è buona ma si finisce per rincararne il tasso secondo l’idea del lucro che il franchisor vuole ottenere dalla sua campagna affiliazioni. Così il food cost schizza nuovamente oltre il 30% con l’aggravio dei costi a danno del franchisee, costretto nelle morse degli accordi quadro per la tutela degli standard qualitativi della rete.
3. BASSA
REDDITIVITÀ
IMG:143163:DELL’INVESTIMENTO
Banalmente il business dovrebbe essere profittevole per il futuro franchisee, ovvero l’utile meno il capitale investito nella sua totalità dovrebbe generare un tasso non inferiore a un certo valore atteso limite, ottenuto considerando investimenti alternativi. Le materie prime non si possono rincarare fino al fuori mercato, nelle attività monoprodotto
lontane dagli effetti moltiplicatori della ristorazione a servizio completo e dei recuperi su trend più lunghi, non si può costringere l’affiliato a periodi incessanti di bassi margini, ecc. Tutta la struttura del progetto deve dar luogo a un tasso che rispecchi la profittabilità del singolo franchisee, in equilibrio con le aspettative del franchisor, in un’ottica winwin.
4. LE IDEE MIGLIORI E
LE PEGGIORI RETI
Una buona idea per un format non è tale se non è pensata per la duplicazione. Il food personale legato alla figura del singolo restio alla condivisione e alla semplificazione
delle procedure non ha ragione di trasformarsi in rete.
5. IL NUOVO
BUSINESS FOOD
VECCHIO DI DUE
ANNI
IMG:145936:Velocità è la parola d’ordine nel food franchising. I fenomeni si alternano e si eclissano con la stessa periodicità. Pensare al format per un’idea di business già vista o in odore di stanchezza si può ma gli elementi collaterali del sistema d’offerta (per esempio socialità, eventi a tema, ecc.) devono più che bilanciare il ritardo del lancio.
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