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Il Protocollo d’intesa per le imprese femminili è stato prorogato

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Prorogato inizialmente fino al 31 dicembre 2017 e poi successivamente per altri due anni, il Protocollo d’intesa per lo sviluppo e la crescita delle imprese femminili è stato firmato tra il Dipartimento per le pari opportunità, il Ministero dello sviluppo economico, l’Associazione bancaria italiana (ABI) e le associazioni rappresentative nel giorno del 4 giugno 2014. Con il protocollo è stato possibile avviare un rapporto di collaborazione tra le parti che lo hanno firmato per favorire ed incentivare l’accesso al credito da parte delle lavoratrici autonome e delle imprese femminili. Sembra che fino ad ora i dati riguardanti l’adesione delle banche al Protocollo promettano davvero bene: in data 30 settembre 2017 erano già 36 le banche che vi avevano aderito con un plafond di circa un miliardo e mezzo di euro. Il Protocollo è stato prorogato, infatti, proprio “al fine di continuare la positiva esperienza e valorizzare ulteriormente le attività proficuamente avviate dalle banche e dalle parti firmatarie” come scrivono sul sito dell’ABI.

Imprese femminili: il protocollo d’intesa

Grazie al protocollo ed alla sua proroga, ciascuna delle banche aderenti prevederà un plafond finanziario per la concessione di finanziamenti destinati alle imprese femminili ed alle lavoratrici autonome. I finanziamenti saranno finalizzati a realizzare gli investimenti per lo sviluppo dell’attività dell’impresa o della libera professione delle donne, saranno finalizzati a incentivare la realizzazione e la nascita di nuove imprese a prevalente partecipazione femminile o l’avvio della libera professione ed a favorire la ripresa delle Pmi e dell’attività delle lavoratrici autonome.

Il Protocollo prevede anche la possibilità che il rimborso del capitale dei finanziamenti possa essere sospeso una sola volta e per un periodo fino a 12 mesi in caso di maternità dell’imprenditrice o della lavoratrice autonoma, grave malattia dell’imprenditrice o della lavoratrice autonoma, oppure del suo coniuge, o convivente, o dei figli ed anche in caso di malattia invalidante di un genitore o di un parente o affine entro il terzo grado che conviva con l’imprenditrice o con la lavoratrice autonoma.

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