Il report consiste in una classifica delle 121 città più aperte del mondo in base ad alcuni parametri, quali: il grado di inclusività per la comunità LGBT (Lesbian, Gay, Bisexual, Transgender, Queer, Questioning, Intersex, Allies, Asexual, Pansexual), il grado di competitività economica e il grado di progresso. L’obiettivo della ricerca è dimostrare che le persone danno il meglio di sé quando hanno la libertà di essere se stesse e che il benessere personale si traduce in migliore qualità della vita e aumento del pil pro capite.
La ricerca ha evidenziato che le città più inclusive per la comunità LGBT risultano essere anche quelle più produttive dal punto di vista economico e quelle in cui la qualità della vita è più elevata.
“E’ provato che le aziende che riescono a creare un ambiente realmente inclusivo, in cui le persone possano sentirsi libere di identificarsi come LGBT+, riescono ad attrarre e trattenere un numero maggiore di talenti, a innovare con successo, ad aumentare il livello di fedeltà dei propri clienti e a rafforzare la reputazione del proprio brand. Allo stesso modo, per le città che ambiscono ad avere un ruolo da protagonista nello scenario del mercato globale, è cruciale applicare delle politiche inclusive per le comunità LGBT+ creando dei manifesti di intenti per lo sviluppo di un ambiente culturale tollerante e diversificato che crei terreno fertile per il fiorire di business innovativi”, ha commentato Sander van’t Noordende, Group Chief Executive di Accenture Products.
Dunque l’inclusività della community LGBT coincide con l’acquisizione di livelli di innovazione più alti, migliori competenze, migliore qualità della vita e di conseguenza migliore performance economiche e aumento del pil pro capite. In testa alla classifica delle città più aperte, troviamo Amsterdam, Berlino, San Francisco, Londra e Stoccolma. Tra le città parzialmente aperte ci sono: Milano, Roma, Tel Aviv, Hong Kong, Johannesburg e Shangai. Le città meno inclusive al mondo sono: Nairobi, Dakar, Kiev, Instambul e Mosca.
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