“Il negozio fisico avrà senso soltanto se darà la possibilità di personalizzare gli articoli in vendita. E il magazzino è destinato a scomparire, almeno per quanto riguarda i piccoli lotti, sostituito da una libreria digitale di file da modificare a piacimento e stampare direttamente sul posto“. Massimo Temporelli, fisico e fondatore di FabLab, start-up innovativa nell’ambito dell’Industry 4.0, guarda oltre alle abitudini di produzione e consumo che l’era del coronavirus sta cambiando forse temporaneamente o forse per sempre, Proprio lui che è stato co-protagonista insieme ad altri makers di un bel colpo messo a segno contro il Covid -19. E’ Temporelli, infatti, il perno della task force che pochi giorni fa ha permesso all’Ospedale di Chiari, in provincia di Brescia, di produrre sul posto, attraverso una stampante 3d, le valvole che mancavano per far funzionare i macchinari salvavita, consentendo ai pazienti in rianimazione per il coronavirus di ricevere l’ossigeno. Ma questo episodio, che sa di miracoloso, è il frutto di una riflessione sul futuro iniziata diversi anni fa, quando il Covid 19 era ancora lontano da venire. Una riflessione sul futuro che riguarda molteplici aspetti della nostra vita e che rimodula anche il concetto di ‘smart’ di cui tanto si parla in questi giorni.
Pochissimi giorni fa il personale dell’ospedale di Chiari si rende conto che le valvole che servono a collegare i caschetti respiratori con le bombole di ossigeno stanno per finire. Contatta immediatamente l’azienda che le produce, ma i tempi di realizzazione sono troppo lunghi. Passano minuti che sembrano interminabili e alla fine a qualcuno viene un’idea: utilizzare una stampante 3d per farle, ma dove recuperarla? Si chiede aiuto anche al Giornale di Brescia, la direttrice del quotidiano, Nunzia Vallini contatta Massimo Temporelli, con cui ha già collaborato a progetti di tecnologia. Parte il passaparola tra i fablab e trova l’immediata disponibilità di Cristian Fracassi e Alessandro Ramaioli, giovani ingegneri bresciani che si mettono al lavoro. In poche ore stampano in 3d i prototipi e poi alcuni pezzi, subito utilizzati. Adesso la sperimentazione va avanti, per produrne altre con le certficazioni sanitarie necessarie.
Fisico, libero professionista e imprenditore, Massimo Temporelli potrebbe essere definito, dovendo proprio trovare una etichetta, ‘divulgatore tecnologico e scientifico’. E’ presidente e founder di The FabLab, laboratorio innovativo in cui stampa 3d, internet delle cose e robotica cambiano il modo di progettare e produrre. Quarantasette anni, di Brescia, Temporelli da tempo ha una visione… visionaria del retail, e quello che è successo all’Ospedale di Chiari in qualche modo ne afforza le convinzioni.
“Si parla tanto di ‘smart’ oggi, beh smart per me è la possibilità di scegliere tra più elementi, tra più possibilità. Se non mi serve una produzione industriale, perché farla? Se mi servono piccoli lotti di merce, perché non utilizzare le stampanti 3d? Si adattano a qualsiasi materiale e a qualsiasi disegno”.
“Mi chiedo inoltre se oggi abbia ancora senso parlare di magazzino nel retail. Le mie figlie, che sono molto giovani, vogliono avere la possibilità di personalizzare tutto, quindi il magazzino presto o tardi, potenzialmente in tutti i settori manifatturieri, saranno sostituiti da librerie digitali con un disegno originale di base che può essere variato, per esempio, nei colori e nelle taglie, e stampato in loco per il o la cliente. In fondo è quello che sta già facendo adidas con una particolare scarpa da running“. La calzatura è costituita da due parti, cucite insieme e facilmente separabili per il riciclo a fine vita: una tomaia-calza in filo sintetico Primeknit di Adidas e una suola alveolare realizzata tramite stampa 3D in elastomero poliuretanico resistente alla trazione, flessibile e riciclabile.
Scrive Temporelli sul suo blog: “I miei studenti e molti miei amici difendono il diritto di andare a fare la spesa, dicono che Amazon imbruttisce l’umanità, la impigrisce. Io nelle mie lezioni provo a mostrare quali sono le azioni umane svolte durante l’attività di fare la spesa: 1. Fare la lista (sempre uguale). 2. Infilarsi nel traffico (inquinando). 3. Combattere nella corsia, tra yogurt e biscotti, a sportellate con il carrello.
4. Una volta alla cassa; vedere un umano (robot biologico) obbligato a muovere merci davanti ad un lettore laser che fa bip, bip, bip. Nessuna parola, nessun empatia, non c’è tempo, altri carrelli spingono da dietro. 5. Poi di nuovo in auto, in mezzo al traffico. 6. Poi, infine, sollevamento spesa, fino a casa.
Ecco, è questo che volete? E’ questo che rimpiangerete nel futuro? IO NO!
Alcuni dicono che è rilassante…altri dicono che è socialmente utile. Io penso che sia una schizofrenia del Novecento. Che camminare in campagna è rilassante e che una cena con altri umani è socialmente utile…non andare in un supermercato con le luci al neon…e penso che forse ce lo siamo dimenticati…
Ecco l’alternativa: mentre Amazon mi porta la spesa a casa (con auto elettrica e ottimizzando il percorso e servendo altri utenti) mi consegna quello di cui ho bisogno, magari raccogliendo informazioni dalle mia abitudini alimentari (attraverso il mio water sensorizzato), proponendomi una dieta sempre più adatta al mio organismo. Mentre Amazon fa tutto questo, mi sveglio e resto a casa, a leggere un libro o esco, vado a correre o a giocare con le mie figlie al parco.
Questa per me è qualità della vita, questa per me è vera umanità e, ancora una volta, questa nuova e migliore umanità passa dalla tecnologia…
Ora voi direte, ma così ci saranno un sacco di posti di lavoro persi, i supermercati chiuderanno. Proprio così, e ancora una volta vi pongo una domanda: fareste fare ai vostri figli o ai vostri nipoti il cassiere o la cassiera nel futuro? Vi sembra giusto, davanti alle alternative che il XXI Secolo ci offre, insistere con questo modello di robotizzazione degli umani?
Non sarebbe meglio ridisegnare tutta la società e la sua organizzazione, inserendo queste nuove tecnologie e queste nuove prassi, tenendo davvero l’uomo e i suoi bisogni al centro?
Io vorrei occuparmi di questo…e vedere sul mercato molti più player con questo atteggiamento…”
Il dibattito è aperto, e forse la situazione che si è venuta a creare con il Covid-19 sarà solo un acceleratore.
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