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L’esclusiva di zona

L’esclusiva – in linea generale – può definirsi come quella clausola che, contenuta in accordi verticali (cioè intercorrenti tra soggetti posti a livelli differenti della catena produttivo – distributiva) contribuisce ad accentuare i rapporti di collaborazione ed integrazione esistenti tra i soggetti dell’accordo, al fine di rendere ottimale la distribuzione dei prodotti e/o servizi che ne costituiscono l’oggetto.

Nei contratti di franchising uno degli elementi di fondamentale importanza da regolamentare con attenzione è quello relativo all’esclusiva, e in particolare quella territoriale, che obbliga il franchisor a non sottoscrivere con terzi altri contratti di franchising in una determinata zona.

L’esclusiva di zona (art. 3 comma 4 lettera c) è solo talvolta presente nei contratti di affiliazione, poiché non ne costituisce un elemento essenziale. Ove presente, tale clausola obbliga però il franchisor a non concludere con terzi contratti aventi ad oggetto le prestazioni di cui alla catena affiliativa all’interno di una determinata zona e per un determinato lasso di tempo.

Le parti nel momento in cui decidono di inserire all’interno di un contratto di franchising questa tipologia di clausola hanno l’obbligo di identificare chiaramente l’ambito geografico dell’esclusiva che può essere individuato in una città, in una regione, o nel territorio di uno Stato.

Scopo di tale clausola di esclusiva, a tutela prevalentemente del franchisee è quello di assicurarsi una fetta sicura di mercato ed essere certo di non avere concorrenti nella zona da lui scelta, a salvaguardia dell’investimento economico effettuato per l’adesione al franchising e per l’avvio dell’attività economica. La zona che nel contratto di franchising viene delimitata territorialmente a favore del franchisee  identificata come esclusiva di un quartiere, di una città o provincia, regione o determinata anche in riferimento alla ubicazione di un determinato punto vendita ed alla distanza da esso da altri punti vendita – diventa una zona c.d. “protetta” dove il franchisee avrà la certezza di non avere diretti concorrenti.

Essendo l’esclusiva territoriale una clausola a vantaggio soprattutto del franchisee, e nello stesso tempo una limitazione del franchisor ad acquisire altri affiliati in quella determinata zona, è importante che la presenza o l’eventuale inserimento di tale clausola siano verificate dal franchisee prima della sottoscrizione del contratto, o che diventi questo un elemento di discussione e contrattazione della trattativa di affiliazione commerciale.

Di regola capita che nei contratti di franchising – predisposti per l’appunto secondo modelli standard dal franchisor – non sia presente alcuna esclusiva territoriale, o esclusive molto limitate. Pertanto, in assenza di una espressa pattuizione di esclusiva, il franchisee non può vantare alcun diritto in tal senso, e non sussiste alcuna responsabilità contrattuale in capo al franchisor, qualora quest’ultimo si avvalga di altri distributori nello stesso mercato territoriale in cui opera il franchisee.

Diversamente, laddove tale patto di esclusiva sia presente nel contratto che viene sottoscritto tra le parti, l’inadempimento del patto di esclusiva comporta generalmente la risoluzione del contratto e sarà inoltre dovuto il risarcimento del danno, in misura pari ai mancati guadagni eventualmente derivanti dalla violazione dell’esclusiva.

Spesso comunque alla violazione dell’esclusiva è collegata una clausola risolutiva espressa; in tal caso, la violazione dell’esclusiva implica ipso iure la risoluzione del contratto. Si consiglia inoltre di stabilire nel contratto anche una penale a carico del franchisor e in favore del franchisee in caso di violazione del patto di esclusiva.

Altra questione invece è relativa al diritto di esclusiva nel franchising in caso di vendite online. La normativa di riferimento è il Regolamento n. 330/2010 della Commissione Europea – e le sue successive linee guida – che opera una fondamentale distinzione, nelle vendite online, tra vendite attive e vendite passive. Le vendite online sono passive allorquando il franchisee – o altro distributore –si limita ad offrire sul web la propria merce e/o i propri servizi, senza sollecitare attivamente i consumatori a visitare il proprio sito. Si ha invece una vendita online attiva, nei casi in cui il franchisee per attirare i consumatori sul proprio sito pubblicizzi e promuova il sito stesso, ad esempio, con banner o link in altre pagine.

Le vendite online ai sensi del Regolamento sono consentite a tutti distributori, ivi compresi quelli operanti all’interno delle reti in franchising, quindi le clausole che nei contratti di franchising impongono un divieto al franchisee di commercializzare i prodotti e/o servizi online devono ritenersi nulle. Di contro però un franchisee che gode di una esclusiva territoriale non potrà contestare nulla al franchisor che abbia concluso un contratto con un altro franchisee che, pur operando online, si limiti a fare vendite passive.

Lo stesso Regolamento individua inoltre i casi nei quali esistono ragioni specifiche che se congruamente motivate da parte del franchisor consentono delle limitazioni delle vendite online da parte degli affiliati alla rete: ad esempio la necessità per un brand di beni di lusso di non vendere su internet per tutelare la propria immagine che potrebbe essere svilita.

A sensi del Regolamento dunque il diritto del franchisee ad avere un proprio sito internet per pubblicizzare e vendere i beni e/o servizi non può essere contrattualmente escluso: è invece consentito al franchisor disciplinare nel contratto le condizioni di utilizzo dei siti internet da parte dei franchisee aderenti alla rete, a tutela della propria immagine e dei propri segni distintivi, nonché può stabilire i contenuti ed il lay-out del sito del franchisee, così come la regolamentazione dei tempi di consegna delle merci vendute online, la gestione dei reclami dei clienti per gli acquisti online o il link al sito internet del franchisor e/o di altri franchisee.

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