“Ogni fine giornata guardiamo il fatturato, c’è da mettersi le mani nei capelli”. A parlare è un operatore della ristorazione, settore che, insieme al turismo, in questo momento sta subendo le ripercussioni più immediate dell’emergenza legata al Coronavirus, soprattutto in alcune regioni d’Italia, prima tra tutte la Lombardia. E forse non a caso proprio a Milano è nata in questi giorni L’Unione dei Brand della Ristorazione Italiana, un gruppo di circa settanta imprenditori della ristorazione che ha voluto dare un segnale forte di supporto alla comunità e alle istituzioni. Tra i promotori dell’iniziativa Antonio Civita (Panino Giusto), Nanni Arbellini (Pizzium) e Vincenzo Ferrieri (CioccolatItaliani). “Vogliamo fare fronte comune per stare vicini alla comunità – spiega Ferrieri -. Per questo siamo partiti con tre iniziative molto pratiche: abbiamo attivato un conto corrente per attività di sostegno ad associazioni riconosciute e impegnate nell’emergenza; teniamo aperti i locali, nel rispetto delle ordinanze, quando chiudere per contenere i costi fissi sarebbe l’opzione più naturale; cerchiamo di fare sistema, per esempio abbiamo diffuso le colonnine di sanificazione che di solito sono nelle cucine nelle aree a disposizione del pubblico”.
Vincenzo Ferrieri è cofondatore e amministratore delegato di Cioccolati Italiani, rete di circa 40 punti vendita diretti e in franchising e 600 dipendenti. “Mi chiede se fare parte di una rete in franchising in momenti come questo è una tutela per un commerciante? Per certi versi sì, fermo restando che ci sono costi fissi impossibili da comprimere, come gli affitti o gli F24 e quando si registra anche l’80 per cento del fatturato in meno il blocco della liquidità è pressoché immediato. Però chi fa parte di una catena può beneficiare del contratto di rete, può avvalersi di best practice, può contare su un’interfaccia unico con il governo”. Gli fa eco Massimo Barbieri, titolare di Sofi – Sviluppo ed Organizzazione Franchising Internazionali: “Il franchisor può dare supporto all’affiliato con le informazioni che raccoglie a livello nazionale e regionale e dialogare con l’affiliato sui provvedimenti locali . Può andare incontro al franchisee ‘congelando’ le royalties a livello temporaneo o diluendo e riducendo i pagamenti. Può sviluppare azioni di comunicazione sui social. Soprattutto, se fa anche parte di associazioni di categoria può fare attività di lobbying per, per esempio, negoziare temporaneamente il pagamento dei canoni d’affitto ai centri commerciali”.
Su quest’ultimo punto interviene Massimo Moretti, presidente del Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali: “Stiamo parlando di un evento emerso in maniera evidente solo domenica scorsa, non è trascorso un mese. Oggi non sappiamo che direzione stiamo prendendo, aldilà del polverone mediatico. Vediamo che cosa succede, ragioniamo, è un problema di settore, di economics, non possiamo sostituirci allo Stato”. A sottolineare l’importanza dell’esperienza pratica nella gestione di situazioni di emergenza che tanti franchisor hanno maturato negli anni è ancora Nicola Dambelli, titolare di Aspie Consulting, “prime tra tutte, le situazioni legate alla gestione del personale e delle scorte”.
Intanto le associazioni di categoria si rivolgono direttamente alle istituzioni. «Condividiamo le forti preoccupazioni – dichiara Mario Resca, presidente Confimprese – e le richieste di adeguate misure a sostegno di tutto il sistema espresse da Confcommercio e Confindustria anche in tema di fiscalità, come la sospensione delle scadenze contributive per le aziende. Bisogna tenere in piedi il sistema Paese, siamo preoccupati per gli ulteriori danni che questo flagello potrà causare alla nostra economia”. Preoccupazione e inviti alla calma anche da parte di Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti.
E mentre i tavoli di lavoro proseguono, agli operatori del settore non sfugge la mossa di alcuni big player. Antonio Annunziata, titolare di REM Retail & Management: “I grandi network della ristorazione hanno reagito immediatamente spingendo su delivery e take away con importanti campagne di comunicazione”.
Si segnala che la Regione Lombardia prevede la chiusura di tutte le attività commerciali, ad esclusione di quelle di pubblica utilità e dei servizi pubblici essenziali di cui agli articoli 1 e 2 della legge 12 giugno 1990, 146, ivi compresi gli esercizi commerciali per l’acquisto dei beni di prima necessità, nei termini seguenti:
– bar, locali notturni e qualsiasi altro esercizio di intrattenimento aperto al pubblico sono chiusi dalle ore 18.00 alle ore 6.00; verranno definite misure per evitare assembramenti in tali locali;
– per gli esercizi commerciali presenti all’interno dei centri commerciali e dei mercati è disposta la chiusura nelle giornate di sabato e domenica, con eccezione dei punti di vendita di generi alimentari;
– per le manifestazioni fieristiche, si dispone la chiusura.
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